lunedì 19 settembre 2016

Piselli giganti e banane sbucciate

Intera giornata di safari fotografico al Parco Nazionale Aberdare.
Sveglia alle 6 sotto un cielo nuvoloso e profumato di pioggia perché siamo sì all'equatore, ma bisogna considerare anche l'altitudine e, cari lettori, noi siamo in montagna! Bardate come una compagnia di terroriste, saltiamo sul pulmino sicure che l'amica Madre Natura ci ripagherà del freddo e della scomodità e, come dico sempre, se non è dura non è avventura.

Il parco Aberdare è uno spettacolo di vallate e colline ricoperte di giungla che si estendono tra i 1800 e i 4000 metri per settecentoqualcosa chilometri quadrati, è la riserva naturale più piccola del Kenya eppure pare di immergersi nella preistoria perché abbiamo la sensazione che da un momento all'altro dall'oscurità tra le piante possa spuntare il muso di un tirannosauro... invece è solo un grosso facocero.
Le piste di terra rossa sembrano cicatrici sui fianchi ripidi delle alture e il paesaggio da solo vale già il viaggio. Fred però tiene moltissimo a farci avvistare tutta la fauna possibile ed è un po' nervoso perché non conosce bene questa zona, da maschio alfa non concepisce di deludere sei donne in un colpo solo. Malgrado la fitta e alta vegetazione, incontriamo un sacco di animali: facoceri, babbuini (ai quali abbiamo lanciato le banane avanzate dal pranzo, accorgendoci in seguito e ridendo della nostra inutile premura di sbucciarle per loro), gazzelle, waterbuck, bufali, scimmie colomba (nelle foto sono quelle con la lunga e vaporosa coda bianca che sembra un piumino), altri tipi di scimmie di cui non ho capito il nome, un paio di cani della prateria (tipo pantegane che nuotavano in un ruscello), impala.
A furia di salire di quota su ripidi sterrati, il motore si surriscalda costringendoci a una sosta. Subito operative, Cavallette & friends cominciano a stappare bottigliette d'acqua da passare a Fred che le versa nel radiatore in ebollizione. 
Consumiamo un terzo delle scorte che trasportiamo per l'intero tour, ma non abbiamo scelta perché siamo gli unici turisti nel parco e bene bene non sappiamo dove ci troviamo. Il vecchio pulmino si rianima e la gita prosegue mentre il cielo si apre e spunta un po' di sole a scaldarci.
Divagazione: quando scrivo i post la sera, li faccio leggere alle mie compagne prima di pubblicarli ed è sempre un bello, ma non hai detto questo, non hai raccontato quell'altro. Per non tralasciare nessun dettaglio dovrei scrivere per tutta la notte e non basterebbe. Considerate anche che non è facile concentrare tanti momenti e sensazioni in un articolo di blog e forse non basta nemmeno un libro. Neppure le foto sono sufficienti a raccontarvi lo stupore, l'emozione, il turbamento, i pensieri di certi attimi. Qui siamo nel regno della meraviglia e fossi anche la miglior poetessa di tutti i tempi, la natura sarebbe comunque dieci passi avanti e sopra. Avete quindi due sole alternative: venire qui o accontentarvi di immaginare, se avete abbastanza immaginazione.
Tornando alla nostra giornata, a proposito dell'Aberdare avevamo poche informazioni recuperate sul web prima di partire e l'elenco della fauna locale non includeva gli elefanti. Così, quando Fred ci ha detto che stava cercando di avvistarne qualcuno per noi, abbiamo pensato che si sbagliasse. Lezione sul Kenya numero uno: Fred ne sa una più di Google, se dice che ci sono gli elefanti, li troverà. Infatti poco dopo inchioda e indica il fianco di una collina, ci alziamo tutte in piedi per guardare meglio dal tetto e, indovinate un po', un branco di elefanti stava salendo verso una radura. Andiamo in quella direzione e li intercettiamo mentre ci attraversano la strada. Stiamo scattando mille foto, quando Fred si allontana in retromarcia per una trentina di metri, fa inversione e torna in retromarcia verso il branco. Si tratta di una manovra intelligente perché, notando che un grosso esemplare aveva sollevato le zanne innervosito dalla nostra presenza, la giuda più affidabile del mondo ha pensato bene di avvicinarsi di culo perché in caso di carica sarebbe stato più facile e rapido fuggire verso valle che in salita.

Dopo aver ammirato gli elefanti a sorpresa, abbiamo ripreso la marcia riflettendo, tra le altre cose, sulla sfiga di nascere gazzella in Africa che potrebbe essere una reincarnazione punitiva per chi si comporta male. Sole e nubi si alternano nel grande cielo sopra di noi, la pioggia non mi preoccupa perché è proprio grazie all'acqua di quel cielo che il panorama è così stupendamente verde e rigoglioso. Rosalba è la nostra esperta di piante e fiori, o perlomeno l'unica di noi che non ha ancora ucciso una piantina di basilico del supermercato, e ci fa notare che lungo la strada ci sono piante di pisello in fiore giganti. Le abbiamo fotografate pur sapendo che tornare dall'Africa dicendo di aver visto piselli giganti scatenerà le peggiori battute possibili, ma noi amiamo queste cose ignoranti e il titolo di questo post ne è la prova.
Un ultimo sorprendente incontro ci aspetta dietro una curva: una iena! Non ci era mai capitato di avvistarne una così da vicino e questa stava sul ciglio della strada a fissarci, poi ha pensato che fossimo una bestia gigante e ha cominciato a scappare. L'abbiamo seguita finché è sparita tra gli alberi dopo averci lanciato un'occhiata curiosa. Siamo rimaste talmente affascinate da quello sguardo che nessuna di noi l'ha fotografato, se non con il cuore. Indimenticabile.

Avrei molto altro da raccontare, tante piccole cose, come l'etichetta “vegetarian” sul pranzo al sacco per Sonia e quella “strictly vegetarian” sul mio e di Feddi, oppure il caffè che ci ha scaldate a fine giornata, oppure le battute e le risate tra amiche, ma non è possibile dirvi tutto. Ancora più difficile sarebbe raccontarvi le grandi cose come sentirsi minuscoli di fronte alla maestosità di queste terre selvagge.

Io non posso dirvi tutto, venite qui a provarlo.

P.s. Appena troverò una connessione internet più potente, prometto di caricare un primo album di foto per aiutarvi a immaginare. Intanto sapete che cliccando sulle foto del post le vedete ingrandite, vero?

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