giovedì 25 aprile 2024

Indonesia '24 tutte le foto

Finalmente potete ripercorrere la mia avventura con le foto dei paesaggi, degli incontri, degli animali e della pappa a questi link. Godetevele!

Susukan Baru con installazione cameratrap – piantumazione (incluso video della mia imbarazzante inabilità a zappare) – pattugliamento


RantauJaya Makmur Village con progetto ecoturismo – raccolta ortaggi per il pranzo – preparazione dolce di cassava – installazione divieti


Compleanno 1 con il mercato – il vecchio millenario balinese

Compleanno 2 con gli elefanti di ERU

Compleanno 3 con serata al lodge – foto varie del lodge





mercoledì 24 aprile 2024

De passacc a Ubud

Sulla via del ritorno, ho tenuto da parte due giorni a Bali, da dove partirà il mio volo per casa. Una fermata relax (un'ora di massaggio 8 Euro), lavanderia per il sacco merda (che per la notte ho lasciato davanti alla porta come deterrente per eventuali ladri), acquisto di regali per famiglia, amici e pure per me.

Dall'aeroporto di Denpasar a Ubud sono due ore di taxi se, come me, si arriva nell'ora di punta. Il volo da Bandar Lampung aveva mezz'ora di ritardo, quindi si è fatto buio durante il tragitto. Con il taxi bloccato nel traffico immobile di Jalan Hannoman, ho chiesto di farmi scendere all'imbocco di un vicoletto che porta in Jalan Sugriwa, proprio al mio b&b. Naturalmente, non appena scaricata la valigia, ha cominciato a piovere ed eccomi a correre trascinandomi dietro la valigia che con le ruote sull'asfalto del vicolo faceva più rumore dei tuoni. Sì, avrei potuto restare nel taxi e aspettare di fare il giro, ma ci avrebbe messo mezz'ora e io AVEVO FAME! Erano le sette di sera passate e il mio ultimo pasto era stata la colazione al lodge alle otto, sui voli low cost non servono i pasti, quindi ero affamata e niente mi ferma quando sono affamata, neanche un temporale tropicale.

la mia stanza
Alloggio al Gatra Ubud Inn che ho scoperto l'anno scorso perché la camera era in offerta ed è diventato il mio preferito. Le ragazze che si alternano alla reception aperta 24 ore sono tutte gentilissime. Ho chiesto, come l'anno scorso, una camera al piano superiore perché hanno i balconcini che affacciano sui tetti del paese. Mi piace che, come all'Ecolodge, non ci sia niente di plastica in camera: l'acqua è in una brocca e i bicchieri sono di vetro e si può prendere gratuitamente in reception un thermos di acqua calda per farsi tè o caffè in camera. Puoi chiedere la pulizia della stanza e il cambio biancheria quando vuoi, ma non c'è lo spreco della pulizia giornaliera se non necessaria. C'è il servizio lavanderia e il taxi per l'aeroporto. Le camere sono spaziose e pulite, con wifi e sia aria condizionata che ventilatore a soffitto. Avrebbe solo bisogno di rinnovare i bagni perché i rubinetti sono un po' arrugginiti, ma per il resto è tutto in ordine. Unica pecca: il laghetto con i pesci nel giardino. Non sono uccelli in gabbia, ma non è bello ugualmente. Comunque, ogni volta che torno, trovo che Ubud stia virando sempre più sul sostenibile e vegano, come dimostra la quantità di ristoranti e bar con le scritte vegan e l'attenzione nei menù per i prodotti biologici e locali, l'abbigliamento con più cotone e meno sintetico, diversi negozi che vendono oggetti fatti con materie prime riciclate. Deve essere perché nel tempo è diventata la capitale dello yoga e questo ha portato una maggiore cura per la salute di spirito, corpo e ambiente. Mi piace.

In questa atmosfera rilassata, dove convivono il fascino tradizionale delle cerimonie induiste quotidiane e il fighettismo turistico, passeggio tranquillamente da sola anche la sera. Ormai qui mi oriento perfettamente e ho i miei posti preferiti dove far compere, mangiare, rifugiarmi nelle ore più calde, godere della pacifica vista sulle risaie. Solo due cose mi fanno paura: i marciapiedi (vedi questo post) e i motorini. Attraversare la strada è un'abilità che si acquisisce con l'esperienza, si riconoscono subito i pedoni avvezzi alle vie di Ubud e quelli che invece tentano l'impresa per la prima volta. I primi, di cui dopo anni posso dire di far parte anch'io, sanno entrare in sintonia col flusso del traffico e infilarsi nel momento giusto per approdare sull'altro lato in scioltezza; i secondi, be', puoi andare a pranzo, fare un pisolino e ritirare il bucato in lavanderia, li ritroverai nello stesso punto che sporgono timidamente un piede e subito lo ritirano al primo colpo di clacson senza neanche capire da dove sia arrivato. Non sono i balinesi a spaventarmi, bensì i turisti con gli scooter a noleggio perché li vedi accelerare e frenare senza motivo, guardarsi intorno come se non distinguessero più la destra dalla sinistra, attraversa incerti gli incroci, lanciandosi al seguito della massa per poi fare inversione all'improvviso, sbandare se un altro veicolo li sorpassa e sussultare a ogni colpo di clacson. Sono sopraffatti dalle locali regole della strada e per questo pericolosi, i pedoni sono l'ultimo dei loro pensieri. Va detto che esiste un'eccezione: il TdC. Essendo di Cinisello, fin dalla prima volta a Bali si è integrato perfettamente in questa viabilità folle e considerate che all'epoca abbiamo girato tutta l'isola solo con la cartina generica presa gratis all'ufficio turistico e le indicazioni degli abitanti. Oggi, i surfisti palestrati in infradito e le tik toker in shorts (che non mi spiego come siano sempre belle, truccate e pettinate con questo caldo umido e non sudano neanche!) guidano i motorini noleggiati con una mano, mentre con l'altra tengono il cellulare per guardare Google maps.

temporale in arrivo
Ieri notte c'è stato un temporale violento, i tuoni erano così forti che tremava tutta la camera e sentivo la pioggia scorrere come un fiume nel vicolo dietro il mio albergo. Nel buio spezzato dai fulmini immaginavo la piccola isola di Bali sormontata quella grande tempesta ruggente. Per estensione, Bali è un quarto della Sicilia, mentre Sumatra è grande tre volte l'Italia, tanto per darvi un'idea di quanto sia multiforme l'Indonesia. Poi ho immaginato anche la Simo che urlava, teme i temporali più di Bio e non ha neanche il nascondiglio sotto il letto. A me, se sono al riparo, le tempeste piacciono molto e pensate che la scienza sarà presto in grado di portarci su Marte, ma non ha ancora un'idea precisa su come funzionino i fulmini. Ah i misteri della natura!

Comunque stamattina pareva non fosse successo nulla: il sole splendeva, le strade erano asciutte e l'aria sapeva di ferro da stiro per la quantità di pioggia evaporata, mescolata al profumo di incenso delle offerte agli dei posate davanti a ogni casa e negozio. Il buongiorno balinese.

Ho preparato la valigia per l'ultima volta. Domani, alle 6 del mattino, mi aspetta il taxi per l'aeroporto.

Arrivederci, Indonesia!

Selamat Jalan

Il giorno dopo il compleanno, dovevo spostarmi a Bali da cui sarei poi tornata in Italia. Non fidandomi dei voli interni che spesso vengono cancellati se non ricevono abbastanza prenotazioni, mi sono tenuta due giorni liberi tra Sumatra e il volo internazionale, tanto per stare tranquilla. Ma sarei rimasta volentieri al Way Kambas, a svegliarmi nel bel giardino del lodge e bere un ottimo caffè aspettando i miei amici per una nuova avventura nella natura, nel fango, tra gli alberi e gli animali. Mi dispiaceva perfino non essere più svegliata alle cinque del mattino dal richiamo del muezzin dalla moschea di paese, per poi girarmi dall'altra parte e continuare a dormire e sognare cullata dal suo canto cadenzato.

Invece, la sveglia del 22 aprile è stata triste. Dovevo partire dal lodge alle 9 per essere in aeroporto per tempo, Dan e Eddie sono arrivati alle 8.30 e ci siamo seduti ad aspettare Hari. Dan mi ha portato le magliette di Alert per i bimbi di Elisa e vedendo la borsa ho esclamato: -Spero non sia altro caffè!- Me ne aveva regalati tre pacchi quando sono arrivata, poi Eddie me ne ha regalati altri cinque per il mio compleanno. Sono tutte diverse varietà del caffè locale che mi piace tanto, quello che ci prepariamo perfino nella foresta quando riposiamo all'ombra dei capanni di Alert, quello che abbiamo scroccato al villaggio del progetto ecoturismo, quello ci ha preparato la guida di ERU nella torretta prima che arrivassero gli elefanti. È un caffè che sa di avventura anche quando me lo preparo a Monza.

Gli abbracci in aeroporto sono particolarmente struggenti perché stai salutando qualcuno che sarà a grande distanza da te, non come salutare un amico che sta a quattro ore di treno, l'aereo ti porta lontano lontano. Hari ha creato il gruppo whatsapp SIMO's friends con le bandiere di Italia e Indonesia così il team e io possiamo condividere le foto e, soprattutto, mi dice: -Avvisaci quando arrivi!- Una premura tutta italiana, come chiedere sempre se hai mangiato.

Dan mi dice sempre che sono per lui una sorella fin dal primo giorno di otto anni fa quando abbiamo cominciato a lavorare insieme. Mi augura di stare sempre bene e al sicuro, così potrò tornare da loro. Tranquillo, ho l'energia magica del millenario balinese. 

È brutto andarsene, ma poi penso che a casa mi aspettano Bio, la mia famiglia, i miei amici e mi siete mancati tutti tantissimo. Nei momenti più belli avrei voluto che foste con me per godervi le stesse emozioni, immaginavo i vostri commenti in certe situazioni, il sarcasmo di mio fratello e del Berna, la Simo che rifiuta i caffè se no non dorme, l'eccitazione di Penny e Lucio, lo sconcerto di Altea nel vedermi metter le mani in bocca a un elefante, la Fra e il Fra che esclamano kiberu!, Sonia con il ventaglio da master per il caldo, Elisa che condivide i frittini con me. Mentre quando rientravo la sera puzzando di ogni odore del mondo ero contenta che foste a un oceano di distanza. 

Spero solo che in dogana non mi arrestino per tutto il caffè che ho in valigia!


Sera di compleanno

Dopo la meravigliosa giornata con gli elefanti, mi sono fatta la doccia, ho installato il whataspp per pc con cui sto comunicando in questi giorni e ho cenato, sempre ripensando a quei momenti, con le proboscidi che raccoglievano delicatamente la frutta dalle mie mani. Che emozione impagabile!

Alle otto e mezza sono arrivati i ragazzi con le bibite, inclusa una birra per me, e Hari con gli splendidi dolci vegani preparati da sua moglie. La torta, in particolare, era bellissima, una vera opera d'arte, quasi dispiaceva tagliarla. 


Ma non mi sono dispiaciuta per molto, visto che, appena spenta la candelina che Hari ha impiegato un po' a posizionare tra le risate generali, non ho esitato a divorarne una bella fetta.




Quanto era buona! Sotto era un budino di cacao amaro, sopra frutta fresca in gelatina e crema di latte di cocco. L'avrei mangiata tutta, ma sono stata buona e l'ho condivisa con la squadra, ne ho perfino tenuta da parte una fetta nel frigo del lodge per Dan che avrei visto il giorno dopo. Non si può dire che non sia generosa.


A Yahya ed Edo piace cantare e hanno anche delle belle voci. Mi hanno chiesto di fargli una lista di canzoni italiane da ascoltare e ho dovuto pensarci un po' per trovare qualcosa che potesse piacergli considerata la musica che mettono quando viaggiamo in auto. Ho cominciato a scrivere una lista e ho anche lanciato una sfida: la prossima volta che vengo qui, dovrete aver imparato almeno una di queste canzoni. Edo preferisce il rock, mentre Yahya è più per il romantico melodico, allora per Edo ho messo in lista Bennato (che si chiama pure come lui), Vasco e Ligabue, mentre ero sicura che Yahya avrebbe adorato Giorgia. Hanno accettato la sfida e la vinceranno facilmente perché, come prevedevo, Yahya ha cominciato ad ascoltare Quando una stella muore su Youtube con il testo a ripetizione e dopo tre volte già la cantava bene. Allora gli ho fatto ascoltare Mina e tutti: -No, no, questa è troppo difficile.- Ah ecco, con Mina non fate più gli sboroni!

Quando si è fatto tardi, ho dovuto salutare tutti perché la mattina dopo Hari e Dan mi avrebbero portata in aeroporto. È sempre straziante lasciarli, ormai mi sento parte della squadra, anzi, Dan dice che sono di famiglia per loro. Ogni volta che torno a Sumatra, mi insegnano qualcosa e, anche se mi ringraziano continuamente per il mio supporto, mi sento sempre in debito per l'affetto e la gentilezza che mi dimostrano e pure per le risate quando mi prendono in giro.

Le loro auto e motorini si allontanano, si sente ancora la canzone di Giorgia dal cellulare di Yahya, mentre a me gira in testa la vecchia Save tonight di Eagle-Eye Cherry

Well, we know I'm going away
And how I wish, I wish it weren't so
So take this wine and drink with me
Let's delay our misery

Save tonight
And fight the break of dawn
Come tomorrow

Tomorrow I'll be gone 

martedì 23 aprile 2024

Puzzando di elefante e felicità

La mattina del mio compleanno, Dan è venuto farmi gli auguri al lodge, ma anche a dirmi che aveva un impegno in famiglia e non poteva venire con me dagli elefanti. Da bravo leader, però, aveva già programmato la giornata e istruito i ragazzi perché si occupassero di me. Dan e Hari sono i due che parlano bene l'inglese, ma anche Hari mi avrebbe raggiunta al lodge solo la sera perché ingaggiato da clienti per il birdwatching. Quindi era tutto nelle mani di Eddie che non ha un inglese fluente, ma non è timido e quindi ci prova lo stesso, al limite si aiuta con il traduttore di Google e, senza il supporto di Dan, anche gli altri sarebbero stati costretti a fare pratica. Comunque, alla fine, ci siamo sempre capiti con il nostro misto di inglese, indonesiano e italiano, anzi ormai parlano più italiano che inglese. C'era anche Yahya, saputo che era il mio compleanno ha voluto partecipare anche se era uno dei suoi giorni liberi. Incredibilmente ha lasciato il posto di guida a Edo, mettendo da parte il suo orgoglio di miglior autista del team, e si è seduto dietro con Eddie e Sarpin, a me il posto d'onore davanti e siamo partiti.

Eddie ha preso il suo ruolo di vice leader molto sul serio ed è determinato a far bella figura per farmi trascorrere il compleanno che sognavo, come gli ha caldamente raccomandato Dan. Mentre ci immettiamo sulla via provinciale, mi ripete il piano, forse per ripassarlo anche lui: prima andremo al mercato locale, dove abbiamo appuntamento con la guida di ERU (Elephant Response Unit); poi lungo la strada per il Way Kambas, attraverseremo un altro piccolo villaggio balinese e faremo visita al loro capo spirituale; poi sosta per il pranzo a casa di Tony di Ecolodge, anche se lui è ovviamente al lavoro ci sarà la famiglia; dopo mangiato, andremo a uno dei posti di guardia di ERU dove incontrerò gli elefanti; infine, rientro al lodge, dove avrò il tempo di riposarmi e cenare prima che arrivino gli altri con la mia torta vegana preparata sempre dalla moglie di Hari.

Mi spiace non ricordare il nome della guida di ERU perché è stato davvero disponibile e gentile per tutto il giorno. Ci immergiamo con lui nell'ombra del mercato dove l'odore più forte è quello del pesce e consegno la mia Nikon a Edo dicendogli: -Oggi sarai il mio reporter.- e lui: -Ok, today I follow you.- Il mercato, per evitare il caldo, apre all'alba, quindi arrivando alle 10 molte bancarelle sono già vuote e chiuse. Ci fermiamo al banco di una vecchina sorridente che vende dolci. Eddie mi indica quello vegano, avvolto in una foglia di banana e me lo compra perché lo assaggi. Un po' troppo zucchero per i miei gusti, ma buono. A un altro banco, acquistiamo banane, canna da zucchero e anguria per gli elefanti e poi, vuoi non comprare un bel cuoppo di frittini?



Prossima tappa: la dimora balinese dove ci accoglie un ometto minuto che avrà mille anni, secco e sottile come una pergamena che ha ben superato la vecchiaia, è entrato nell'antichità. Ha gli occhi vispi e il sorriso allegro, ci invita a sedere nel suo bel giardino offrendoci acqua e bibite fresche. Chiama il nipote, un ragazzino dal viso dolce, a fargli da interprete e si siedono insieme di fornte a me. La moglie non c'è perché sta poco bene, ma mi dicono che insegna danze tradizionali, mentre lui è la guida spirituale induista e fa anche sculture e intaglia il legno. Eddie gli dice che sono vegana perché sa che lo è anche lui. Infatti il vecchino mi fa cenni di approvazione, dice che fa bene al corpo e allo spirito, vedi mai che arrivo a mille anni come lui. Eppure anche nel suo giardino c'è una voliera con tanti uccelli richiusi, come se ne trovano in molte case balinesi ed è una cosa che mi fa male al cuore, ma ovviamente non dico nulla. Quando prenoto un alloggio a Bali, guardo sempre la galleria fotografica per controllare che non ci siano voliere o gabbie. Se ami il canto degil uccelli, non comprare una gabbia, pianta un albero!

Eddie chiede che il vecchino mi racconti come è nata questa comunità balinese a Sumatra. È una storia molto triste, dice: nel 1963 a causa della violenta eruzione del vulcano Agung, 65 famiglie balinesi sono fuggite dall'isola per rifugiarsi qui. Il governo li ha aiutati solo per tre mesi e loro non avevano nulla, stavano morendo di fame, così hanno cominciato a cacciare, -Una volta, qui era tutta giungla.- continua e per sopravvivere hanno dovuto disboscare per poter coltivare, abbandonando la caccia. Tutta questa storia è raccontata nelle figure intagliate da lui stesso negli stipiti di una porta, Mi mostra una brutta cicatrice e l'osso del suo gomito destro saldato male dopo una frattura: è stato un elefante durante quel triste periodo, mi racconta, ma si è salvato chiedendo all'elefante di risparmiarlo perché i suoi figli erano ancora piccoli e l'elefante l'ha capito. -Sono animali molto intelligenti e sensibili.-

Nel frattempo, si è unita a noi anche la figlia, una bella donna dai lineamenti delicati, tipici balinesi. Parla un buon inglese e mi chiede dei miei viaggi a Bali. Dice che ho fatto bene a trascorrere il Nyepi a Ubud perché più autentico, lì seguono ancora le regole tradizionali, mentre nel sud dell'isola, zona turistica, spesso non rispettano nemmeno il giorno del silenzio solo per accontentare gli stranieri. Il vecchino dice qualcosa e il nipote traduce: -Mio nonno vorrebbe chiedere agli dei di trasferirti un po' della sua energia positiva per il tuo viaggio, chiede se accetti.- Certo che sì.


Il millenario solleva la mano destra e chiude gli occhi, mormora qualcosa sottovoce, poi rivolge il palmo verso la mia mano aperta e continua. Tutti osservano in silenzio e scattano foto. Edo e Sarpin in questi giorni mi hanno fotografata in continuazione, pure mentre mi soffiavo il naso. Non solo per me, vogliono anche avere materiale per Alert, per mostrare le varie attività ai futuri volontari da reclutare o ai visitatori che vogliono contribuire per una giornata.. Dopo qualche minuto, il vecchino apre gli occhi e mi domanda: -Senti di averla ricevuta? Senti caldo o freddo?- Oddio, ci sono 33 gradi all'ombra, ma per non deluderlo dico di sentire una specie di elettricità ed è soddisfatto. Anche Yahya vuole provare e il vecchino acconsente girandosi verso di lui per ripetere il rituale. La figlia è scettica sui poteri del padre, ma lo asseconda. Io trovo affascinante questa spiritualità profonda, anche se non sono religiosa, forse quello che provo quando sono in mezzo alla natura, tra gli alberi, o guardo negli occhi un animale, è la mia connessione con la spiritualità.

Ci congediamo dalla famigliola balinese e andiamo a consumare i nostri pranzi al sacco e i fritti.

Più tardi, ci dirigiamo al Way Kambas. Lasciamo l'auto e proseguiamo a piedi sotto un sole implacabile, anche se a est ci sono grosse nuvole in arrivo. Raggiunto un piccolo molo, ci imbarchiamo per attraversare il fiume che segna il confine tra il parco e i villaggi.

La barchetta non ha l'aria robusta, ma il tratto è breve. Col nostro peso, l'acqua sfiora il bordo. Eddie ha un po' paura perché non sa nuotare, allora lo rassicuro: -Tranquillo, io so nuotare, ti salvo io!- che fa ridere tutti perché il mio giovane amico non è esattamente snello, è più di corporatura tradizionale, come direbbe la signora Ramotswe dei libri. Poi chiedo a Edo se ci sono coccodrilli (tra l'altro scopro che qui chiamano coccodrilli i playboy) e preciso: -Eddie, guarda che se ci sono i coccodrilli devi morire, non ti salvo più.- Ridiamo tanto che quasi ci ribaltiamo, ma approdiamo sulla riva opposta senza difficoltà. Edo mi porge la mano perché la sponda è ripida e scivolosa per il fango, Sarpin fotografa. Possono dire a Dan di essersi presi cura di me.



All'ombra del posto di guardia, una torretta di legno affacciata su un canale interno del fiume, parliamo e fotografiamo il magnifico panorama, mentre la guida mi spiega che arrivano branchi anche di 45 elefanti che vogliono attraversare il confine del parco per mangiare qualche prelibatezza dei campi vicini, come il riso. Per questo, gli elefanti salvati dalle trappole o feriti che curano nei centri ERU vengono addestrati dai mahout a rispondere al comando di arretrare e, una volta tornati nei branchi selvatici, sono in grado di guidarli indietro se necessario, in modo che non vengano uccisi dai contadini. Altre volte, usano i razzi di segnalazione sparati in aria per spaventarli in modo che non attraversino il canale. Dan mi ha raccontato che ERU è l'unità che tratta meglio gli elefanti, altri centri li maltrattano per ammansirli o li tengono legati tutto il tempo solo per mostrarli ai turisti. Per questo, anche l'ultima volta che sono stata qui, ha insistito per avere i permessi d'ingresso al parco nelle aree gestite da ERU. Non è stato facile perché i dipendenti del parco sono spesso corrotti e spingono i turisti verso le zone da cui traggono profitto, proprio dove gli elefanti sono tenuti peggio. Mentre progettavamo questo viaggio, avevo risposto a Dan che in caso non glieli avessero rilasciati, avrei rinunciato a vedere gli elefanti pur di non alimentare quel pessimo sistema. Per fortuna, anche grazie all'intercessione di Ecolodge, è riuscito a ottenere questo ingresso per me. Cantika, il cucciolo salvato dalla trappola di cui vi ho parlato in un altro post, si trova in un altro centro ERU, quindi non potrò vederlo, ma la guida mi dice che si sa riprendendo bene. A farmi gli auguri di compleanno, un mahout porterà Melly, una femmina di 25 anni, con il suo piccolo, Rubado, che ha un carattere un po' ribelle, quindi quando li portano in giro insieme, lo legano alla mamma perché non si allontani col rischio di finire in trappola anche lui, ma nel centro stanno liberi. Nell'attesa che arrivino le nuvole per smorzare questo sole bruciante, facciamo merenda sulla torretta. I ragazzi mi prendono in giro: -Simo, oggi quante fette d'anguria mangerai?- Non è certo colpa mia se è buonissima, è lei che mi istiga!

Facciamo anche una breve passeggiata lungo l'argine e condivido la mia acqua con Eddie ed Edo perché l'hanno lasciata nella torretta che è a 50 metri da noi, ma sotto il sole sembrano 50 chilometri. A un certo punto scorgiamo Melly e Rubado che arrivano dall'altro lato del canale, guidati dal loro mahout. Sono bellissimi! Melly si sdraia in una pozza per rinfrescarsi e si lascia lavare e grattare dal suo guardiano. Li seguo per un po', poi li precediamo alla torretta.

Intanto, alle spalle dell'argine, vediamo arrivare un altro elefante. Il suo mahout lo chiama Joe, nome completo JoeBush perché quando è nato, 17 anni fa, in un centro ERU, il presidente americano Bush era in visita in Indonesia. Attraversa il canale e si unisce agli altri due.

Dalla torretta, i ragazzi gli lanciano le bucce d'anguria che gli elefanti si contendono con le proboscidi. Io, con la mia solita destrezza, fallisco metà dei lanci. Saranno i pesci a mangiare le mie bucce. Meglio attraversare il canale dal ponticello di legno e avvicinarsi. Portiamo il sacco della canna da zucchero e le banane con noi, ne passiamo un po' al mahout di Joe e io comincio a dare il resto a Melly e Rubado. Sono golosi e felici di questa merenda, ma gliene porgo un pezzo alla volta. Rubado si abbufferebbe, continua a porgermi la proboscide anche se sta già stringendo una banana, Melly fa lo stesso con la canna da zucchero. -Un pezzo alla volta!- gli dico in italiano -Se no vi ingozzate.- e mentre la tenera Melly abbassa la proboscide e fa un passo indietro, il ribelle Rubado insiste finché la mamma lo riprende. Devo dire al millenario balinese che gli elefanti capiscono anche me. Sono stupendi, starei ore a imboccarli. -Guarda gli occhi di Melly, com'è felice!- mi dice Edo. La canna da zucchero è uno dei loro cibi preferiti, oggi è festa anche per loro.


A un tratto, i ragazzi tirano fuori due fogli sui quali hanno stampato Buon compleanno Simona Colombo in bahasa e in inglese per gli immancabili foto e video di gruppo a cui tengono tanto. 



È ora di riprendere la barchetta e rientrare, ci avviamo lungo il sentiero illuminati da un bellissimo tramonto decorato di nuvole.

 


Io sono tutta sbausciata dalle proboscidi, inzaccherata di fango e banana, so di sudore e di elefante: sono il ritratto della felicità!

Della serata, vi racconterò domani. Per adesso, pensate agli elefanti.

domenica 21 aprile 2024

Campionessa di anguria

Oggi è il mio compleanno e sono riuscita a installare whatsapp sul pc

GRAZIE A TUTTI PER GLI AUGURI, VI VOGLIO BENE! 

Ho festeggiato con gli elefanti, ma ve lo racconterò domani. Adesso leggete della stupenda seconda giornata con Alert.

Malgrado il caldo, la notte dormo benissimo e pensate che questo Ecolodge non ha l'aria condizionata, ma solo ventilatori. La mia camera è abitata da tanti carinissimi gechi che mi proteggono dalle zanzare. Così, quando alle 6 del mattino il manager ha bussato per svegliarmi con un timido good morning, ero perfettamente riposata.

Alle 7, con Edo alla guida, partiamo per Rantau Jaya Makmur un villaggio sul lato del Way Kambas che dà sul mare a più di tre ore di distanza da noi. Dan vuole farmelo visitare perché Alert sta portando avanti con il capo villaggio un progetto di sviluppo dell'ecoturismo. Metà del percorso scorre velocemente tra battute sui cd di gruppi pop indonesiani che Edo ci sta facendo ascoltare e discorsi sulle conseguenze dei cambiamenti climatici. Dan mi dice che i contadini non sanno più bene quando seminare perché la stagione delle piogge e quella secca non si alternano più con la precisione di una volta e la loro durata è diventata imprevedibile. Si rischia di perdere il raccolto seminando nel momento sbagliato.

Lasciata la bella strada asfaltata, prendiamo una traversa piena di buche, dossi, tratti sterrati resi viscidi dal fango e pozzanghere che sembrano laghi. Sarà così fino a destinazione. Edo è così impegnato nella guida che gli passo l'acqua e l'accendino quando vedo che cerca un modo di raggiungerli. -Basta che me lo chiedi- gli dico -Visto che sono seduta davanti, sono la driver assistant!- I ragazzi dietro scoppiano a ridere, ridono un sacco quando dico queste cazzate, un po' come la Simo quando qualcuno dice scorreggia. Attraversiamo un villaggio fondato da un gruppo di balinesi, infatti in ogni giardino riconosco i tipici templi di famiglia, alcuni piccoli, altri esagerati. -Costa più il tempio che la casa!- commenta Dan, ma siamo tutti d'accordo che sono bellissimi con i loro decori arzigogolati e i colori sgargianti. Mi viene in mente il Nyepi e chiacchieriamo delle diverse usanze delle isole.

Infine arriviamo a Rantau Jaya Makmur sul fiume che sfocia in mare e segna il confine del Way Kambas. Il paesino è povero, ma bello, con le casette in fila lungo la via principale, i giardini ordinati, pieni di fiori, e una splendida vista sul parco nazionale. Ad accoglierci ci sono un ranger del parco e il giovane Andre, uno dei ragazzi che hanno in gestione il progetto di ecoturismo perché il capo villaggio, saggiamente, vuole coinvolgere tutti, ma investe soprattutto sulla nuova generazione che ha voglia di fare e farà da traino al resto della comunità. Ci sediamo con loro e altri due ragazzi del progetto su un tappeto all'ombra del portico di una casa tutta bianca dove ci offrono acqua, tè freddo e caffè macinato al momento. Mentre Edo si riposa dopo aver guidato senza sosta su una strada tremenda e Sarpin prepara la macchina fotografica per documentare l'incontro, Dan e Eddie mi fanno da interpreti. Il governo investe solo in Giava e Bali, le altre isole devono cavarsela da sole con risorse limitate, ma hanno voglia di crescere e questo grazioso paesino ha grandi ambizioni perciò Alert è decisa a dare il proprio contributo, sia economico che, soprattutto, di esperienza perché lo sviluppo sia sostenibile. Il governo fatica persino a rilasciargli i permessi per portare i turisti nel parco ed è una cosa senza senso perché se la gente impara a guadagnare legalmente dalla natura, la proteggerà di conseguenza e gratuitamente sentendola parte fondamentale della propria vita.

il capo villaggio
Il capo villaggio si unisce a noi, un adorabile vecchino che arriva in moto e mi saluta con tanto calore perché Alert ha destinato a questo progetto una buona parte delle mie donazioni e sono quindi considerata una benefattrice locale. Dan mi dice che adora quest'uomo perché si impegna davvero per la sua gente ed è molto serio e collaborativo. Mi racconta anche che sprona, e cazzia, questi ragazzi perché imparino il più possibile da lui, sono il futuro della comunità. Li incoraggia anche ad approfittare della mia presenza per far pratica con l'inglese, come fece anni fa Marcel coi suoi quando mi sono unita ad Alert. Mi chiedono consigli e dritte su cosa si aspetta di trovare un visitatore, di quali servizi avrà bisogno uno straniero, come pianificare le attività e prendono appunti sulle mie risposte. Discutiamo a lungo e io, quando si tratta di viaggi, parlerei per ore. L'idea che viene fuori è quella di fare dell'intero villaggio una sorta di albergo diffuso: alcune famiglie metteranno a disposizione le camere per dormire, nella casa di fronte si farà colazione, nel giardino di quella accanto ci saranno i tavoli per la cena, un'altra famiglia si occuperà della lavanderia, altri abitanti (inclusi ex bracconieri) faranno da guide per le escursioni nel parco e così via. In questo i turisti avranno anche la possibilità di interagire con gli abitanti e conoscerli tutti sentendosi parte della comunità, cosa che invoglia a tornare. Gli ho anche chiesto di limitare il più possibile l'uso della plastica, sostituirla col vetro o la carta ogni volta che possono, qui non hanno ancora i sacchetti biodegradabili. Gli ho detto di pensare anche alla vendita di souvenir e prodotti locali, anche dedicati ai bambini perché i genitori spendono più volentieri per loro che per se stessi. E poi creare dei pacchetti di soggiorno specifici per famiglie, coppie o turisti avventurosi in modo da avere itinerari e attività già pianificati a seconda della durata della visita. Inoltre, è sempre bello sapere dove vanno a finire i propri soldi, quindi includere nel pacchetto una quota di donazione indicando a quale progetto sarà destinata. Servirà tempo perché i soldi non bastano mai, ma un passo alla volta ci arriveranno e loro sono pieni di entusiasmo, sono sicura che avranno successo.

Intanto è quasi ora di pranzo e mi propongono di andare a raccogliere insieme gli ingredienti nei campi dietro la casa. Mi presentano ogni pianta, imparo che della pianta di cassava, un tubero tipo una patata oblunga, con i rami rossi sono commestibili sia la radice che le foglie, mentre di quella con i rami bianchi solo le foglie che raccogliamo per l'insalata. Mi invitano a estrarre il tubero dalla terra e io, quando c'è da sporcarsi, sono sempre pronta. Poi mi mostrano come pelarla e dopo la bollitura me la fanno schiacciare in un grosso pestello di pietra insieme a scaglie di cocco, sale e zucchero di canna. Alla fine viene fuori un denso purè dolce che mangeremo per dessert. Da quel momento in poi mi vanterò tutto il giorno di aver lavorato la cassava dalla terra al piatto. Cannavacciuolo sarebbe fiero di me e mi distruggerebbe con una pacca sulla schiena.

Ci spostiamo nel porticciolo alla foce del fiume dove pranziamo tutti insieme in una splendida atmosfera. È lì che scopro che con una parte delle mie donazioni Alert ha finanziato la realizzazione dei cartelli di divieto per caccia, pesca, sversamento inquinanti, deforestazione che proprio oggi verranno installati nel porto. Mentre i ragazzi li montano, noto che c'è perfino il mio nome! A sinistra ci sono il logo di Alert, quello del Way Kambas e quello della provincia, a destra: supported by Simona Colombo. Sono imbarazzata per tanto onore, ma sono anche orgogliosa. Andre mi chiede se può girare un breve video nel quale mi ringrazia per la donazione per condividerlo su Instagram e farsi pubblicità e io accetto. Da grande attrice, nel video fingo di capire il suo discorso in indonesiano e quando mi ringrazia, rispondo correttamente sama sama. Vorrebbe taggarmi, ma da vera anziana non ho un profilo Instagram, mi segno di farlo non appena tornerò a casa.



A dimostrazione che ormai nel villaggio sono una rockstar, mi si avvicina un signore chiedendomi se gentilmente posso farmi una foto con sua moglie e la sua bambina. Come rifiutare?

La celebrità non fa per me, mi imbarazzo troppo, però è bello sapere di aver fatto qualcosa di buono per queste persone, quindi non capisco perché il karma mi abbia rotto il telefono.

Nel pomeriggio, mi godo l'ombra e una dolcissima anguria con Dan, Eddie, Andre e Andy nella palafitta sul fiume. I ragazzi mi chiedono di fare un altro video, questa volta in italiano che poi sottotitoleranno, sulle mie impressioni riguardo il progetto per invitare altri a contribuire. Faccio anche questo, a me non costa nulla e loro ne hanno bisogno per raccogliere fondi. Nel frattempo, mi sono mangiata ben nove fette di anguria per sopravvivere al caldo e scherzo scimmiottando i mei video: -Hello, I am Simona, the watermelon champion.- Dan ride così tanto che vuole girarlo davvero così mi fingo seria e ripeto la frase mentre mi riprende e, per fare la splendida, comincio a contare le bucce di anguria in indonesiano, solo che so contare solo fino a tre: satu, dua, tiga. Ecco il risultato:




Sappiate che abbiamo continuato a ridere per le tre ore del viaggio di ritorno.

Adesso, quando la gente di passaggio sul fiume leggerà il mio nome sotto i divieti dirà: ah, Simona Colombo, la campionessa di anguria!


sabato 20 aprile 2024

Sulle tracce dei bracconieri

Ieri sera, scoperto che il mio cellulare non si accendeva più, ho chiesto al manager del lodge di avvisare Dan - per fortuna sono amici - che mi ha mandato subito un ragazzo per prenderlo e portarlo a un tecnico perché potesse lavorarci oggi mentre noi eravamo via. Purtroppo gli smartphone hanno sostituito un sacco di apparecchi che prima utilizzavamo normalmente: morto il cellulare mi sono ritrovata senza sveglia per stamattina, quindi ho dovuto chiedere al manager di venire a bussarmi alle 6.00 per fare colazione alle 6.30 perché alle 7 sarei partita per un'altra avventura con Alert. Oggi il tecnico mi ha fatto sapere che il danno è al connettore per la ricarica, cosa che saprebbe riparare, solo che qui hanno tutti l'iPhone e, malgrado abbia cercato in tutta la regione, non ha trovato il ricambio per il mio Samsung. Comunque, domani mi darà un aggeggio per caricare la batteria esternamente e poi rimetterla nel telefono, così almeno potrò usarlo in questi giorni e portarlo a riparare una volta tornata in Italia. Alert unità salvataggio smartphone: Law & Order, scansati!

Ma sono indietro di un giorno con i racconti, quindi torniamo al 19 aprile.

Dire che alla fine della prima giornata con Alert facevo schifo non rende lontanamente l'idea di come fossi ridotta. Mi vergognavo perfino a presentarmi all'ufficio del lodge per chiedere la chiave della mia stanza e se aggiungiamo il casino serale con il cellulare, credo di non essere più la loro cliente preferita. Avevo i capelli arruffati e sudati, la camicia fradicia e macchiata di fango, i pantaloni strappati, le mani graffiate, le nuove scarpe da trekking (comodissime tra l'altro) colorate di fango e terra. Ormai, il sacchetto della mia biancheria sporca si chiama sacco merda. Ma avevo anche un grande sorriso stampato in faccia perché tornavo dalla foresta e comunque lo sporco di natura, si sa, sono tutti anticorpi.

Tutto è cominciato alle 8 del mattino quando, puntualissima, arriva l'auto dei miei amici. Finalmente riabbraccio il mio fratello indonesiano Dan che si presenta già con tre pacchi del mio caffè preferito. Con lui ci sono Eddie, Sarpin, Edo e un paio di altri ragazzi. Del gruppo dell'anno scorso mancano: Dan Junior, che mi ha scritto ieri di essere impegnato in un altro parco nazionale in questi mesi e gli dispiace non potermi rivedere anche se ci saranno altre occasioni in futuro perché fa sempre parte del team; Salih che a malincuore ha dovuto lasciare Alert per un'offerta di lavoro sull'isola di Giava, avendo in programma di sposarsi ha scelto il salario migliore ed è comprensibile, si sa che essere buoni non paga; Yahya che forse ci raggiungerà nei prossimi giorni. Dan mi racconta che Salih è stato una grossa perdita perché era un grande esperto nell'uso dei droni e di tecnologia in generale, montava i video per le conferenze e la pubblicità, mantebeva il sito e aggiornava le mappe delle aree da piantumare. C'è già un sostituto, ma ha bisogno di fare esperienza. La vita continua e il lavoro di Alert pure, quindi ci mettiamo in viaggio per il sito di riforestazione di Susukan Baru, l'area che ha subito i danni maggiori per gli incendi della scorsa stagione che hanno letteralmente incenerito anni di impegno. È frustrante, ma ogni volta si ricomincia.

Prima di addentrarci nel parco, ci fermiamo a un baracchino dove i ragazzi comprano snack per la giornata e un pacco di fritti appena fatti. Dan mi dice di assaggiarli tranquillamente perché sono tutti vegani: triangolini di tempeh e cubetti di tofu in pastella, più frittini di banane che hanno la forma di croissant, praticamente il cuoppo indonesiano. Inutile dirvi che erano tutti ottimi e ne ho mangiati una quantità indecente.

insieme all'unità rinoceronti

Piove forte dalla notte precedente e le piste nel parco sono allagate, ma i nostri fuoristrada, per quanto vecchi e scassati, se la cavano benissimo anche perché questi ragazzi sembrano addestrati fin da bambini a guidare perfettamente sulle strade peggiori. Ci fermiamo a prendere Mister Bonari della fondazione per la protezione dei rinoceronti. Lavora per loro da quindici anni e conosce perfettamente il parco e le piste dei bracconieri. Oggi ci accompagna a installare una videotrappola e a pattugliare un'area dove potremmo trovare qualche trappola da distruggere. È un ometto minuto, pieno di passione per la natura e fonte infinita di informazioni e storie sul bracconaggio che vi racconterò in un post dedicato nei prossimi giorni perché meritano un certo spazio. È preoccupato perché l'ultimo avvistamento di un rinoceronte selvatico al Way Kambas risale a tre anni fa e l'associazione gli ha dato ancora un anno di tempo prima di tagliare i fondi. Resterà comunque attiva nel parco per monitorare le attività illegali e contribuire alla protezione dell'area, ma ovviamente non avrà più senso investire nella conservazione dei rinoceronti di Sumatra che sono già stati ufficialmente dichiarati estinti. Che cosa triste.

notate le spie tutte accese

Lasciamo i fuoristrada al sito Alert di Susukan Baru e ci addentriamo a piedi nella foresta seguendo le tracce, e le cacche, degli animali per scegliere il luogo più adatto dove installare la videotrappola. Dan mi mostra sul cellulare la ripresa di un bracconiere che disrugge una delle videocamenre che abbiamo messo l'anno scorso. Nemmeno le rubano! Le spaccano e le bruciano pure. Si può essere più merde? Installiamo la videotrappola e la incateniamo col suo supporto a un albero, sperando che sopravviva e fornisca riprese stupende come quelle di una tigre con due cuccioli che i ragazzi mi mostrano poco dopo.

Torniamo verso Susukan Baru per pranzare. Ha smesso di piovere, ma fa un caldo opprimente e la mia camicia è fradicia di sudore che con tanta umidità non può evaporare. Mentre ci facciamo strada nell'erba alta, vengo investita da un profumo fresco e delicato, ma non ci sono fiori nei dintorni e mi fermo per capire da dove provenga. Eddie mi indica una pianta verde, così anonima che la prendereste per un'erbaccia, invece sono proprio le sue foglie a emanare quell'aroma inebriante. Peccato che non si possano fotografare i profumi perché l'avrei condiviso volentieri con voi. Mi scuso perché mi fermo in continuazione ad ammirare o annusare qualcosa che per loro è quotidiano, ma per me è straordinario.

Il pranzo, con la mia schisceta vegana a parte, è come sempre fornito dalla moglie di Hari. Quando è venuto a prendermi in aeroporto mi ha detto che le è stato commissionato un grosso ordine per trenta studenti che la settimana prossima visiteranno il parco e sono contenta che la sua attività di catering al sacco vada così bene. Preparerà anche la mia torta di compleanno. Oltre ai suoi pacchetti, avevamo ancora dei fritti, ananas e papaya fresche e un delizioso riso fermentato, preparato dalla nonna di Dan, chiuso in foglie di banana che ha un sapore dolce e alcolico. Ne ho mangiato poco per paura di ubriacarmi, ma è davvero buono.

Dopo mangiato, mentre alcuni fanno un pisolino sulle stuoie all'ombra, Eddie mi propone di piantare qualche albero, visto alcuni di quelli nella nursey sono pronti per essere trapiantati nel terreno umido di questa stagione. Edo scava una buca con la zappa, poi me la passa per farmi fotografare come se l'avessi scavata io. -Eh no, ragazzi, così è barare- mi lamento -Voglio scavare davvero!-

Il video della mia abilità contadina è rimasto nel mio smartphone e spero di recuperarlo perché vi farete delle gran risate. Sono perdutamente imbranata, scoordinata e debole, non sono proprio portata per i lavori manuali. Comunque, tra foto, video e risate ho piantato solo tre nuovi alberi, ma ho fatto la mia piccola parte onestamente. E i criminali che incendiano questa bellissima foresta muti!


Nel pomeriggio ci siamo dedicati al pattugliamento dell'area dove i bracconieri colpiscono più spesso in cerca di trappole da rimuovere. Prima,però, dovevo fare pipì. La toilette, chiamiamola gentilmente così, di Susukan Baru è una capannina con il pavimento inclinato verso un piccolo buco collegato a un tubo di scarico. Non sono schizzinosa, ma vedo già difficile per un uomo centrare il foro, figuriamoci per una donna accovacciata intenta a non pisciarsi sulle scarpe. Infatti, nella capannina c'è un grande catino pieno d'acqua con il consueto pentolino indonesiano che funge da mestolo per versare l'acqua sul pavimento in modo da farla scorrere verso il buco e così risciacquare tutto, incluso il fango che porti dentro con le scarpe. Quasi quasi era meglio farla nell'erba alta, ma il rischio di incappare in qualcosa di velenoso si prende solo per i bisogni grossi, non certo per un filo di pipì.

Ci spostiamo con i fuoristrada verso l'area da pattugliare, uno ha i finestrini che non si possono più abbassare, quindi Eddie e Sarpin si arrampicano sul tetto, dentro fa troppo caldo. A me, riservano cortesemente un posto sull'altro mezzo, dal lato con il finestrino aperto. Tanta gentilezza, mi fa sempre sentire in colpa, ma insistono e li accontento. In cielo passano nuvoloni neri, ogni tanto si alza un bel venticello, poi rispunta il sole e brucia come l'inferno, ma parcheggiamo in mezzo alla pista sterrata e partiamo in missione a piedi. Fotografo gli alberi e i ricami intricati delle liane, i funghi colorati, tutti i tipi di fiori e, a un certo punto, trovo delle bacche rosse a terra, ma non capisco da quale pianta provengano, così chiedo a Eddie che chiede a Dan che chiede a Mister Bonari e in un attimo sono tutti presi dal mistero delle bacche rosse che non si vedono su nessun ramo nei dintorni. Non volevo causare tanto scompiglio! Alla fine Mister Bonari conclude che siano dell'albero altissimo sopra le nostre teste e tutti annuiscono, è plausibile. Da quel momento, Mister Bonari allunga il passo per tenersi a una certa distanza dalle mie domande fastidiose (scherzo, non è davvero per colpa mia, voleva solo finire il giro prima che ricominciasse a piovere) e Dan lo segue, quindi io e gli altri restiamo un po' indietro. Sono la prima della fila, ma dopo dieci metri ho già perso di vista la coppia in testa e non sono sicura di che direzione prendere. Sento Edo chiedere a Eddie come dire qualcosa in inglese perché lui lo parla poco, poi viene da me tutto fiero e dice: -I go first. Follow me.- Mi sembra un'ottima idea, altrimenti qui si fa notte e gli infrarossi delle videotrappole finirebbero per riprendere una deficiente che guida un gruppo in tondo. Sono gentili, ma per fortuna non sprovveduti e gli lascio volentieri il comando.

Amo tutte le piante, ma ce n'è una qui che è proprio stronza. Si presenta come un sottile rampicante dai graziosi fiori rosa intenso, poi le passi accanto e ti afferra così saldamente i vestiti che se ti sposti troppo in fretta li strappa e, quando cerchi di liberartene con le mani, te le graffia. I suoi lunghi rami flessibili sono ricoperti di miliardi di minuscole spine dalla forza sorprendente. Se la avvistavamo in anticipo, la spostavamo con un bastone, altrimenti era una lotta a ogni passo. Mi ha massacrata.


la piantina stronza


Avanziamo sentendo le energie calare, con questo tempo si perde forza velocemente e finiamo il lungo giro disfatti più per il caldo umido che per la fatica. Alle macchine mangiamo un sacco di frutta e beviamo litri d'acqua. Non abbiamo incontrato trappole in quest'area, una buona notizia che ci portiamo a casa come un premio.

È il tramonto quando riaccompagnamo Mister Bonari all'ingresso del parco. Mi fermo a coccolare un giovane gatto che porta sul muso le cicatrici della vita selvatica e mi ringrazia con un sacco di fusa. È ora di riportarmi al lodge dove il sollievo di una bella doccia scompare nella disperazione del mio cellulare che non si accende più. Da qui in poi conoscete la storia.


P.S. Per gli album con tutte le foto, dovete aspettare qualche giorno, devo recuperare quelle scattate dai ragazzi, poi li caricherò per il vostro piacere e divertimento.

venerdì 19 aprile 2024

Il mio cellulare è morto

Avviso importante: il mio smartphone è andato in schermo nero, non si accende, non si carica, non fa nulla. Per fortuna ho ancora il pc per comunicare!

A parte questo, va tutto bene quindi non preoccupatevi se non mi sentite. Ovviamente è successo di sera e non ho modo di farlo riparare o cambiarlo, me ne occuperò domani.

Questa prima giornata con Alert è stata fantastica, ma pesantissima per il tempo caldissimo e la pioggia che ha portato l'umidità al massimo livello sopportabile. Vi racconterò tutto con calma dopo che avrò risolto il problema col telefono.

Baci!

giovedì 18 aprile 2024

Dopo un viaggio lunghissimo...

...eccomi finalmente a Sumatra. Sarà che sto invecchiando, ma il viaggio mi sembra sempre più lungo e devastante, comincio a capire perché gli anziani volano in business class, a una certa età la schiena rifiuta i sedili della economy. Bei tempi quando saltavo giù dall'aereo ed ero già pronta a esplorare la giungla! Ora impiego due giorni a camminare dritta.

Tanto per non farci mancare nulla, Iran e Israele si tirano i missili e la rotta del mio volo Malpensa – Doha ci passa precisamente nel mezzo. Siamo una specie dominante indegna. Comunque, a parte la scomodità della classe povera, sono arrivata salva (sul “sana” la mia schiena non sarebbe d'accordo) prima a Doha e poi a Jakarta.

Erano le nove di sera quando sono scesa dall'aereo, puzzando come potete immaginare dopo quattordici ore di voli e tre di scalo, e non vedevo l'ora di andarmene in albergo a fare la doccia e dormire su un letto vero. Ma è risaputo: la calma è la virtù degli addetti al controllo passaporti. Per il visto turistico all'arrivo, ti scattano una foto orrenda, ti fanno inserire la tua mail su un tablet, ti chiedono 500 mila Rupie oppure 30 Euro – attenzione, solo contanti – e un minuto dopo ti arriva il visto via mail. Ero tutta contenta quando ho trovato meno di dieci persone in fila ed erano quasi le dieci quando sono andata a ritirare la mia valigia. Ma com'è possibile? Appunto per il prossimo viaggio: fare il visto online così passo direttamente i tornelli dell'immigrazione con la ricevuta del pagamento e scelgo una foto migliore. Ma non è ancora finita: dopo aver ritirato la valigia bisogna compilare la dichiarazione doganale. Si fa sul cellulare, inquadrando il QR code dei cartelloni appesi in giro per l'aeroporto e compilando due pagine di informazioni: nome, cognome e data di nascita, numero di passaporto, nazionalità, numero di volo d'arrivo, nome dell'albergo dove si alloggia, numero di bagagli stivati e infine lasciare su “no” tutte le caselle se non si ha nulla da dichiarare. A quel punto l'applicazione ti genera un altro QR code da passare sul lettore dell'addetto doganale e solo allora sei libero di uscire dall'aeroporto. Le dodici fatiche di Asterix praticamente.

Per fortuna, l'Orchardz Hotel dista solo dieci minuti dal terminal, ma ormai avevo perso la navetta gratuita che passa ogni ora e non avevo voglia di aspettare la successiva, quindi ho preso un taxi e poco dopo ero sotto la doccia. Ero già stata inn questo hotel l'anno scorso ed è ottimo per riprendersi perché ha i letti comodissimi e la stanza ha tutti i comfort possibili. Bella riposata, stamattina, ho preso la navetta per il terminal dei voli locali e lì mi sono accorta che tutti, dalla signorina del check-in all'usciere del gate, erano sorpresi che una straniera andasse a Bandar Lampung anziché a Bali. In effetti, la maggior parte dei turisti pensa che l'Indonesia sia solo Bali. Per carità, è un'isola stupenda e accogliente, io la adoro come una seconda Cattolica, ma l'Indonesia è molto, molto, molto, molto più di Bali.

Il volo per Bandar Lampung è così breve che tra allacciatevi le cinture per il decollo e prepararsi all'atterraggio le hostess fanno appena in tempo a completare il teatrino sulle norme di sicurezza. Mi piace vedere le hostess indicare le uscite d'emergenza e indossare il giubbotto salvagente, sui grandi voli internazionali non lo fanno più perché ci sono i video.

il fruttino
All'uscita dell'aeroporto mi aspettava Hari insieme a Warno, l'autista dell'Ecolodge. Gli ho raccontato di quanto fossero stupiti a Jakarta nel vedermi partire per Lampung e lui si è messo a ridere. -Infatti- ha detto -per me è facile riconoscere i clienti quando vengo a prenderli: sono gli unici stranieri su ogni volo. Qui ci sono solo due zone turistiche: il Way Kambas e una spiaggia per surfisti. Quindi se non hanno la tavola da surf sono i miei.- 

Tra chiacchiere e una fermata per comprare dei frutti a una bancarella, le due ore fino al Way Kambas sono volate. Hari mi ha regalato un sacchetto di questi frutti che sembrano piccole patate, ma dentro sono a spicchi trasparenti e sanno di pompelmo dolce. Dan mi aveva anticipato che questa è la stagione della frutta e ne farò scorpacciate nei prossimi giorni.

Il manager del Satwa lodge mi ha accolta come sempre con tante riverenze, ormai sono un'ospite fissa e ha già dato istruzioni in cucina per le mie colazioni e cene vegane. Solo rivedere questo giardino lussureggiante mi ha fatto dimenticare il lungo viaggio per arrivare. Fa così caldo che sul rubinetto della doccia è indicato a destra acqua calda, a sinistra acqua normale perché fredda non esiste! 

Ma anche se ci sono 33 gradi e il duemila percento di umidità, anche se sono previsti temporali per tutti la durata del mio soggiorno: sono felice di essere tornata qui. Sono sempre felice di tornare qui perché in una vita precedente probabilmente ero un albero, non importa quanti anelli conta adesso il mio vecchio tronco.

in auto con Hari




domenica 7 aprile 2024

Quanto mi piace fare la valigia!

Per molti viaggiatori, preparare i bagagli è una scocciatura. Per me, invece, è l'eccitante momento in cui il viaggio comincia, la partenza è imminente e quello che per mesi è stato un progetto diventa finalmente realtà.

Mi immagino già alla meta per decidere cosa portare, in funzione del clima, dell'ambiente, delle attività che farò. Farò escursioni nella foresta? Camicia di cotone a maniche lunghe, pantaloni lunghi leggeri e scarpe da trekking (quindi calze sportive). Passeggerò per il mercato di Ubud? Abito leggero, sandali comodi e sacchetto di tela per gli acquisti. Andrò in spiaggia? Costume, pareo e canottiera. Potrebbe piovere? Giacca impermeabile, cappellino con visiera. Ci sarà vento? Coprispalle e foulard, felpa se la sera fa freddo. Scelgo gli indumenti che mi serviranno e li dispongo tutti sul letto, per farmi un'idea della quantità e dello spazio che occupano, così trovo sempre qualcosa di non necessario da eliminare prima di riporli nella valigia. Un cambio d'abiti completo andrà nel bagaglio a mano, per stare tranquilla in caso di ritardo o smarrimento della borsa in stiva. In ogni caso, cerco di lasciare più spazio libero possibile per quello che comprerò (o riceverò in regalo,, come le enormi coperte masai di Peris!)

Penso a una giornata tipo che comincia in bagno, quindi metto da parte saponetta, spazzolino e dentifricio. In genre, gli asciugamani sono disponibili in qualsiasi alloggio, ma uno in microfibra che occupa poco spazio, lo porto sempre per sicurezza. Poi spazzola, shampoo, deodorante e le cose piccole come forbicine, pinzette, tagliaunghie, cotton fioc, qualche trucco e, per me che sono cieca, lenti a contatto. 

Non porto molti medicinali, giusto un antidolorifico e tachipirina, a meno che non servano particolari profilassi come l'antimalarica, ma ricordo sempre di aggiungere cerotti e disinfettante, il repellente per insetti, la crema protezione solare e quella doposole. Inoltre, se sono in periodo, una bella scorta di assorbenti.

Nel bagaglio a mano, metto gli oggetti fragili come la macchina fotografica, il cellulare, il laptop, il kindle con relativi caricabatterie, occhiali da sole e, naturalmente tutti i documenti di viaggio, oltre al già citato cambio d'abiti d'emergenza. Metto tutto in ordine per avere a portata di mano le cose che mi serviranno più spesso senza dover frugare sul fondo dello zaino se in aereo mi viene voglia di leggere o ascoltare musica.

Non faccio mai una lista scritta, ma ormai ho la mia lista mentale stilata dall'esperienza che mi ha insegnato di cosa ho davvero bisogno, cosa mi è mancato qualche volta e cosa è stato peso inutile. Nei giorni precedenti la partenza, se mi viene in mente qualche oggetto da non dimenticare, lo metto subito da parte sul ripieno dell'armadio che ho dedicato agli accessori da viaggio.

Sono emozionata perché si avvicina "il giorno della valigia" di quest'anno, però non ditelo a Bio perché non ama essere lasciato alle cure degli zii. Non certo per colpa loro che sono affidabili e adorabili, ma perché io, ne sono consapevole, lo vizio tantissimo. Fai il bravo micetto, mentre sono via, mi raccomando!




sabato 16 marzo 2024

Assortimento di sventure

Dopo i luoghi peggiori in cui ho dormito, ecco un elenco delle disavventure che mi sono capitate in giro per il mondo. Alcune sono attribuibili alla sfortuna, altre me le sono più o meno cercate, altre erano disgrazie prevedibili perché viaggiando in povertà spesso la sicurezza è una scommessa. 

Disavventure mediche

Un dente del giudizio ha pensato bene di fare la sua comparsa mentre ero in Thailandia nel 2010, proprio all'inizio di un viaggio di quattro mesi lontanissima da casa. Mi faceva tanto male che faticavo ad aprire la mascella per mangiare e tutti sapete quanto io ami mangiare. Era una tortura: riuscivo ad aprire la bocca di appena un centimetro per infilarci dentro il cibo a forza. Alla fine sono andata in farmacia dove mi hanno venduto degli antidolorifici in pillole sfuse che mi hanno fatto superare la settimana (ho poi tolto il dente una volta tornata a casa e, per la cronaca, non me ne sono mai spuntati altri.)

Lo stesso anno, io e il TdC stavamo salutando la splendida Bali esplorata in motorino per spostarci in Australia. Il giorno del volo Denpasar - Perth abbiamo lasciato la nostra stanza a Ubud e, carichi di bagagli, ci siamo diretti alla fermata dell'autobus per l'aeroporto. Avevo lo zaino grande sulla schiena e quello piccolo davanti, quindi non vedevo dove mettevo i piedi. I marciapiedi di Bali sono altissimi perché sotto passano i canali di scolo, indispensabili durante le abbondanti piogge, e la manutenzione non è delle migliori, ma è stata la mia imprudenza di camminare alla cieca a farmi mettere un piede in fallo e sono caduta stortandomi la caviglia destra. Me ne stavo per terra con un dolore tremendo e il TdC che mi sgridava: "Ma non hai visto il buco??" Per nulla al mondo, comunque, avrei perso l'aereo, quindi, usando l'ombrellino comprato al lago Toba come stampella, mi sono rimessa in piedi e siamo arrivati in aeroporto. Lì ho preso del ghiaccio da un bar e l'ho tenuto sulla caviglia fino alla partenza. Il TdC spingeva il carrello con i bagagli e io lo seguivo reggendomi sull'ombrellino, corto come il bastone da passeggio di Frankenstein Jr. Arrivati a Perth, visto che riuscivo ad appoggiare il piede e dunque non avevo fratture, ho tirato avanti con pomata antinfiammatoria e antidolorifici fino a guarigione completa.

Sempre in Australia, ad Adelaide per la precisione, sono stata costretta a ricorrere al pronto soccorso. Ci siamo fermati in questa graziosa cittadina dopo aver esplorato per dieci giorni la costa ovest e saremmo rimasti il tempo di fare il bucato prima di partire per Kangaroo Island. Da un po' avvertivo dolori addominali e un pomeriggio, mentre passeggiavamo per il delizioso centro città, sono diventati così forti che non potevo camminare eretta. Così il TdC mi ha portata in pronto soccorso. Immaginatemi all'accettazione: piegata in due dal dolore davanti a un'infermiera che mi faceva domande con l'accento australiano che mi era incomprensibile anche da lucida. È stata costretta a uscire dal banco e farsi capire a gesti, mimando: "Il dolore sembra più un pugno o una coltellata?" Non so bene come, le ho dato le informazioni sul mio stato e ho anche chiesto se dovessi contattare l'assicurazione prima di farmi visitare, ero preoccupata di trovarmi un conto di migliaia di Euro. Mi ha rassicurata che, grazie agli accordi internazionali, in Australia avevo diritto alle stesse cure mediche gratuite che avrei avuto in Italia. Mi ha accompagnata in reparto dove un giovane medico di origine asiatica mi ha fatto altre domande e un esame delle urine istantaneo. Intanto il TdC aspettava ansioso in sala d'attesa dopo avermi vista sparire dietro una porta da oltre un'ora. Il medico giovane, tornando con i risultati del test, mi dice che ho un'infezione, mi prescrive antibiotico per una settimana e mi dimette dopo avermi somministrato un antidolorifico. Ormai ne avevo provati in ogni nazione. La cosa bella e sbalorditiva è che una settimana dopo, mentre eravamo a Melbourne dalla cara Erin, il pronto soccorso di Adelaide mi ha telefonato per sapere se l'antibiotico avesse funzionato e se avessi bisogno di altro. Che servizio meraviglioso!

Curiosità: un mese dopo, mio fratello ha dovuto portare il Berna nello stesso pronto soccorso perché aveva la schiena bloccata.

Disavventure con l'acqua

Sudata, infangata, accaldata, sfinita da una giornata di trekking durissimo nella giungla del Gunung Leuser National Park nel nord di Sumatra, ho raggiunto la riva del fiume al tramonto. Con me c'erano il TdC, la guida Mbra con un assistente, l'irlandese Paul e il californiano John. Avevamo lottato con sentieri impervi, alberi crollati, scivolate nel fango e arrampicate sulla roccia tutto il giorno in una foresta fitta e meravigliosa che valeva ogni fatica. Sull'altra sponda del fiume, ci aspettava uno scoppiettante falò con la cena e un riparo per la notte, ma restava da attraversare il fiume. Mbra ha caricato i nostri zaini e scarponi su una grande camera d'aria legata a una fune, ci è salito e si è fatto trainare fino alla spiaggia. Mi aveva chiesto se volessi andare con lui, ma stupidamente ho preferito optare per la nuotata pensando di ripulirmi da fango e sudore. Col senno di poi, avrei potuto comodamente lavarmi una volta arrivata a destinazione, ma sul momento, sragionavo per la stanchezza e volevo attraversare a nuoto come tutti gli altri. L'assistente di Mbra ci aveva avvisati che, seppure in quel punto l'acqua non era profonda, la corrente era molto forte, quindi bisognava tuffarsi il più possibile a monte della spiaggia. Il TdC, Paul e John ce l'hanno fatta senza problemi, io ero rimasta per ultima. Maledico ancora la mia imprudenza, non sono mai stata una sportiva e ne ero consapevole, ma a guardare gli altri non mi era sembrata una prova troppo impegnativa. Invece, un attimo dopo il tuffo, ho visto la spiaggia schizzare via davanti ai miei occhi. La corrente era tremendamente potente! Sul momento, però, non mi sono spaventata, ho solo pensato di aver fallito il tuffo. Mentre la corrente mi trascinava a valle, mi sono guardata intorno e ho visto un gruppo di rocce al centro del fiume, così mi sono girata con i piedi in avanti, ci sono andata contro e mi ci sono arrampicata facilmente. Il TdC era nel panico e tutti mi seguivano con sguardi preoccupati gridando istruzioni che non potevo sentire a quella distanza. Sulle rocce, ero stranamente tranquilla perché creavano una sorta di ponte fino alla riva e sapevo di poter saltare da una all'altra senza difficoltà. Ed è proprio ciò che ho fatto. Solo una volta atterrata sulla ghiaia della spiaggia mi sono resa conto del pericolo che avevo appena corso: oltre le rocce, il fiume correva impetuoso verso rapide e vortici. Quell'episodio mi ha insegnato a riconoscere i miei limiti, a dire di no se non mi sento all'altezza della prova e a non prendere decisioni affrettate quando sono stanca.

L'acqua è protagonista di un'altra peripezia, ma questa volta veniva dal cielo sotto forma di abbondantissima pioggia. Era il 2013 e, con il TdC, mi trovavo nel Borneo indonesiano. La stagione delle piogge non era ancora terminata, ma abbiamo sempre preferito viaggiare nei periodi meno turistici per evitare la folla e risparmiare un po'. Avevamo deciso di trascorrere due notti a campeggiare in tenda nella giungla con la guida Poncho, un ranger e un giovane assistente/cuoco. Ci siamo incamminati tra piante e animali bellissimi, però faceva molto caldo e l'umidità sotto la volta degli alberi era soffocante, così, quando ha cominciato a piovere, ne siamo stati felici perché ci avrebbe dato un po' di sollievo. Peccato che abbiamo ringraziato il cielo troppo presto: in pochi minuti, la pioggia leggera si è tramutata in un violento acquazzone e il sentiero si è subito allagato. Dal camminare siamo passati al nuotare in un metro e mezzo d'acqua ed eravamo così impegnati a raggiungere un luogo asciutto che non pensavamo a cosa ci fosse sotto la superficie del lago che aveva improvvisamente inondato il panorama in ogni direzione. Gli alberi spuntavano come isole e la pioggia riduceva la visibilità a pochi metri. Il TdC aiutava Poncho che era un ottimo conoscitore di flora e fauna, ma decisamente poco agile. Io, intanto, cercavo di star dietro al ranger e all'assistente che ci precedevano per portare le tende e il resto dell'attrezzatura da campeggio all'asciutto. Confesso che, malgrado il disagio e la fatica, trovavo la foresta allagata davvero affascinante, un paesaggio da film. Dopo un tempo che ci è parso infinito, finalmente abbiamo raggiunto la piattaforma dove montare la tenda per la notte e il buio è calato rapidamente. Per gran parte della notte ha continuato a piovere e uscire con le torce per fare pipì significava affrontare tutti gli insetti del creato, ma è stato stupendo pensare a dove ci trovavamo e ascoltare i suoni della natura e gli spiriti della foresta prima di addormentarci. Il giorno dopo è spuntato il sole e ci siamo rimessi in marcia con le scarpe ancora umide per continuare l'avventura.

Disavventure meccaniche

Come dicevo, viaggiare al risparmio ha i suoi svantaggi, come utilizzare mezzi vecchi e scassati che possono lasciarti a piedi nei momenti peggiori. 

Sono stata su treni e autobus che stentavo a credere mi avrebbero portata a destinazione senza andare in pezzi, ma mi hanno stupita e perfino il Wicked camper, pur consumando chili e chili d'olio, ha fatto il suo dovere fino a Port Douglas.

Nel 2016 ero in Kenya con le Cavallette, quando il nostro pulmino si è fermato in un punto imprecisato e sperduto del parco Aberdare. Eravamo gli unici visitatori quella mattina, il bellissimo Aberdare è meno conosciuto dei parchi solitamente inclusi nei tour organizzati e oltretutto era periodo di bassa stagione. Ci eravamo già inoltrati parecchio con Fred alla guida, seguendo gli elefanti che risalivano le splendide colline boscose, mentre la foschia del primo mattino si disperdeva rivelando un panorama da togliere il fiato. A un tratto il motore del van si è surriscaldato e siamo stati costretti a fermarci nel bel mezzo della riserva. Metà della nostra scorta d'acqua è stata usata per raffreddare il radiatore e Fred, che era responsabile di ben sei passeggere, era abbastanza nervoso perché eravamo ben lontani dall'ingresso e dai ranger che avrebbero potuto soccorrerci. Per fortuna, l'acqua è stata sufficiente a permetterci di ripartire e proseguire quel meraviglioso viaggio.

L'anno scorso, sempre in Kenya, con Fra & Fra, Peris e Junior alla guida abbiamo avuto una serie di incidenti: insabbiati al parco Samburu, impantanati sulla strada per Ol Pejeta e infine il van ha esalato l'ultimo respiro sulla via del ritorno a Nairobi con tanto di geyser di vapore esploso dal radiatore nell'abitacolo. Se per i primi due ci siamo fatti una risata, l'ultimo ci ha costretti ad abbandonare Junior e il van per rientrare in autobus, dopo aver atteso per ore a bordo strada. Era pure il mio compleanno.


Ci sarebbero tanti altri piccoli aneddoti da includere in questa lista, come quando un macaco ha rubato gli occhiali da vista al TdC e se non fosse stato per il provvidenziale intervento di un uomo che glieli ha fatti mollare scambiandoli con una banana, non avremmo saputo come tornare a Ubud visto che lui era cieco e io non so guidare il motorino. Viaggiare comporta sempre dei rischi, ma tutto sommato non mi sono mai trovata in situazioni tanto gravi da rovinare l'esperienza o scoraggiarmi dal partire di nuovo. Anzi, quando ne esci indenne, sono proprio le disavventure quelle che racconti più spesso agli amici.